Clausole di mediazione societaria… e qualche commento

Clausola standard

Tutte le controversie (aventi ad oggetto diritti disponibili) che dovessero insorgere fra i soci, ovvero fra i soci e la società, gli amministratori, i liquidatori o i sindaci, formeranno oggetto di un tentativo di mediazione ai sensi del D. Lgs. 28/2010 e D.M. 180/2010, successive modifiche e integrazioni.

Le parti si impegnano a ricorrere alla mediazione prima di iniziare qualsiasi procedimento arbitrale o giudiziale. (1)

Il procedimento di mediazione si svolgerà presso un organismo scelto – su istanza della parte più diligente – dal Presidente (2) … (del Consiglio Notarile, della Camera di Commercio) territorialmente competente rispetto al luogo ove ha sede la società (3).

L’organismo dovrà essere indicato tra quelli iscritti nell’apposito registro tenuto presso il Ministero della Giustizia.

Il procedimento di mediazione sarà disciplinato dal regolamento dell’organismo nominato (4).

Le parti potranno far pervenire al conciliatore designato brevi note riassuntive delle rispettive posizioni in contrasto, nel rispetto dei termini e della procedura di cui al regolamento predisposto dall’organismo di conciliazione e delle indicazioni che potrà fornire il mediatore.

Nello svolgimento del tentativo di mediazione, le parti sono libere di farsi assistere o accompagnare da avvocati, commercialisti, consulenti e persone di fiducia.

L’eventuale esito negativo della mediazione non impedirà il ricorso ai mezzi ordinari di soluzione delle controversie.

( – > eventuale) La presentazione della domanda di conciliazione non preclude comunque l’attivazione di procedure cautelari.

Clausola (c.d multi-step) conciliazione e arbitrato (5)

Tutte le controversie (aventi ad oggetto diritti disponibili) che dovessero insorgere fra i soci, ovvero fra i soci e la società, gli amministratori, i liquidatori o i sindaci, dovranno essere oggetto di un tentativo di mediazione ai sensi del D. Lgs. 28/2010 e D.M. 180/2010, successive modifiche e integrazioni.

Le parti si impegnano a ricorrere alla mediazione prima di iniziare qualsiasi procedimento arbitrale o giudiziale.

Il procedimento di mediazione si svolgerà presso un organismo scelto – su istanza della parte più diligente – dal Presidente  (del Consiglio Notarile, della Camera di Commercio) territorialmente competente rispetto al luogo ove ha sede la società.

L’organismo dovrà essere indicato tra quelli iscritti nell’apposito registro tenuto presso il Ministero della Giustizia.

Il procedimento di mediazione sarà disciplinato dal regolamento dell’organismo nominato.

Le parti potranno far pervenire al conciliatore designato brevi note riassuntive delle rispettive posizioni in contrasto, nel rispetto dei termini e della procedura di cui al regolamento predisposto dall’organismo di conciliazione e delle indicazioni che potrà fornire il mediatore.

Nello svolgimento del tentativo di mediazione, le parti sono libere di farsi assistere o accompagnare da avvocati, commercialisti, consulenti e persone di fiducia.

Qualora il procedimento di mediazione non si concluda con la conciliazione della controversia, la medesima sarà devoluta al giudizio di un unico arbitro nominato dal Presidente Consiglio Notarile (o dal Presidente del Tribunale) del luogo ove ha sede la società, entro il termine di trenta giorni dalla domanda, proposta su istanza della parte più diligente.

L’unico arbitro deciderà in via irrituale entro novanta giorni dalla nomina.

Brevi note e brevi riflessioni

(1) Con l’emanazione del D.L.vo 4.3.2010 n. 28 il Legislatore italiano ha voluto offrire agli utenti del diritto un nuovo strumento per dirimere le controversie civili, anche in materia societaria.

L’art. 2 della norma precisa che chiunque può accedere alla mediazione, per la conciliazione di una controversia civile e commerciale avente ad oggetto diritti disponibili.

Inoltre l’art. 5 (dedicato alla condizione di procedibilità e ai rapporti con il processo, al comma 1) prevede che l’esperimento del procedimento di mediazione sia condizione di procedibilità della domanda giudiziale; il comma 5 dello stesso articolo prescrive poi che anche lo statuto o l’atto costitutivo di un ente possono prevedere l’inserimento di una clausola di mediazione.

Dette norme fanno comprendere che la mediazione civile è obbligatoria, non solo quando il legislatore la impone come condizione di procedibilità nelle materie elencate nella legge ma anche quando i privati convenzionalmente  abbiano stabilito di utilizzare tale strumento per dirimere tra loro future liti.

Nel campo del contenzioso societario, la mediazione potrebbe rivelarsi particolarmente utile per imprese di piccole o medie dimensioni.

Ci troviamo spesso in presenza di problematiche derivanti dallo stallo decisionale degli organi sociali quando, per esempio, due soci detengano il 50% ciascuno delle partecipazioni societarie e del diritto di voto oppure qualora un gruppo di soci di maggioranza deliberi un aumento del capitale sociale a pagamento al fine di estromettere o ridurre il peso decisionale dei soci di minoranza (impossibilitati magari a sottoscrivere l’importo in aumento).

Altro caso emblematico è rappresentato dalla morte o dal recesso del socio e dalla conseguente liquidazione della partecipazione societaria.

C’è poi tutta la casistica del mancato rispetto dei patti parasociali (per esempio, i sindacati di voto o di blocco), dei patti di consultazione (aventi ad oggetto l’impegno a discutere le materie oggetto di voto di una prossima assemblea) e dei patti di finanziamento alla società (che possono prevedere l’impegno dei soci ad effettuare finanziamenti alla società).

Le strategie societarie di natura conflittuale o la violazione di patti di natura obbligatoria possono essere affrontate con lo strumento della mediazione civile che, qualora sia già stata prevista nello statuto o nell’atto costitutivo, verrà percepita in ossequio alle intenzioni del legislatore quale mezzo alternativo di risoluzione delle controversie.

In tutti questi casi il socio che riterrà lesi i propri interessi potrà rivolgersi all’ente di mediazione indicato nella clausola societaria ovvero, in assenza, a quello ritenuto più competente in materia ovvero all’ente indicato secondo altro meccanismo, invitando gli altri soci in mediazione.

Argomento più complesso è quello dell’impugnativa della delibera assembleare di approvazione del bilancio d’esercizio, nel caso di previa pattuizione dell’esperimento di un tentativo di mediazione: l’art. 2 del D.L.vo 28/2010 limita infatti l’utilizzo dello strumento della mediazione alle controversie su diritti disponibili.

La giurisprudenza di legittimità non è ancora riuscita a chiarire se, nella redazione del bilancio delle società di capitali, il rispetto dei principi di chiarezza, verità e correttezza (indicati dall’art. 2423, comma 2, cod. civ.) costituiscano o meno tutela di interessi pubblici. La medesima problematica era già stata considerata anche dalla Corte di Cassazione dopo la riforma del diritto societario con riferimento all’arbitrato.

Dal dibattito dottrinario e giurisprudenziale, nasceva una distinzione inerente i vizi della delibera di approvazione del bilancio d’esercizio e precisamente la differenza fra:

  • i vizi derivanti dalla mancata informazione al socio sui documenti utilizzati per la redazione del bilancio stesso, da considerare diritti disponibili;
  • i vizi di chiarezza e precisione, derivati dalle modalità tecniche di scelta e applicazione dei principi contabili nazionali o sovranazionali.

Si è giunti a ritenere che il voto in assemblea costituisca per sua natura diritto disponibile e che anche le determinazioni sul bilancio abbiamo spazi di discrezionalità molto ampi (per esempio, come quando si tratta della destinazione dell’utile a emolumento dell’amministratore).

Pertanto in un quadro giurisprudenziale normativo e dottrinale in cui le delibere di approvazione del bilancio d’esercizio di società non quotate sono state ritenute compromettibili in arbitri tutte le volte in cui siano dedotti vizi, anche di nullità, non legati alla violazione dei principi di chiarezza e verità (ex art. 2423, comma 2, cod. civ.), si propende nel ritenere che possa essere rimessa ai soci la decisione di sottoporre le proprie liti (se vertenti su diritti disponibili) anche all’intervento di un organismo di mediazione.

L’aspetto pratico della questione sarà quello di inserire negli statuti e negli atti costitutivi clausole che prevedano:

  • sia il previo ricorso al tentativo di mediazione presso un organismo qualificato;
  • sia, in caso di fallimento della mediazione, la possibilità di nomina di un Collegio arbitrale o di un arbitro.

(2) L’art. 5 comma 5, del d.lgs. 28/2010 stabilisce che “… se il contratto, lo statuto ovvero l’atto costitutivo dell’ente prevedono una clausola di mediazione o conciliazione e il tentativo non risulta esperito, il giudice o l’arbitro …”.

E’ possibile inserire nello statuto delle società una clausola che a priori individui l’organismo di mediazione che gestirà il procedimento, con l’avvertenza che qualche primo commentatore della materia ha sostenuto che il notaio possa incorrere nel c.d. “conflitto di interessi” nel caso di indicazione diretta in atto di organismi di mediazione che siano emanazione del Consiglio Nazionale del Notariato o dei Consigli Notarili Distrettuali.

In analogia a quanto accade per le clausole arbitrali, i redattori ritengono invece legittima la clausola che rimetta ad un terzo la scelta dell’organismo di conciliazione, individuato, a seconda della volontà delle parti, nel Presidente del Tribunale, della Camera di Commercio o di un ordine professionale (compreso il presidente del Consiglio notarile).  

La clausola può essere comunque completata con informazioni aggiuntive: sarà possibile determinare a priori altro meccanismo di nomina dell’organismo di mediazione o le caratteristiche che lo stesso dovrà possedere, così come sarà possibile stabilire il luogo e i tempi di svolgimento dell’incontro.

È essenziale che il contenuto della clausola di mediazione sia il più chiaro e preciso possibile in modo da ridurre al minimo i dubbi interpretativi.

(3) Da qualcuno si è ritenuto che l’individuazione dell’organismo di conciliazione debba avvenire facendo riferimento al giudice territorialmente competente per l’eventuale e futuro processo, in ossequio al principio dell’opportuno collegamento foro competente – controversia – territorio.

(4) Ci si è chiesti se il richiamo operato nella clausola ad un organismo deputato ad amministrare e gestire il procedimento possa di per sé essere sufficiente ad individuare le norme che lo disciplineranno. La risposta pare positiva in quanto l’art. 3 del D. lgs. 28/2010 stabilisce che “al procedimento di mediazione si applica il regolamento dell’organismo”. Tuttavia si è ritenuto che un espresso richiamo al regolamento dell’organismo tolga ogni dubbio circa l’individuazione delle norme che disciplineranno la procedura qualora l’organismo  disponesse di più regolamenti di mediazione (nel caso per esempio di competenza dell’organismo stesso sia nelle controversie nazionali che in quelle transfrontaliere).

(5) La clausola di mediazione potrà essere redatta anche in modo da proporre rimedi diversi di risoluzione della controversia in progressione crescente (c.d. clausola “multi – step”), prevedendo il ricorso in prima istanza alla conciliazione e in via residuale all’arbitrato. Tali clausole dette “multistep med-arb” potranno quindi prevedere l’impegno delle parti a intraprendere una procedura di conciliazione, ma ove questa non risolva gli aspetti controversi, le stesse parti procederanno ad instaurare una vera e propria procedura arbitrale.

Naturalmente, nell’ambito della procedura arbitrale, le parti potranno scegliere se devolvere la controversia a un arbitro unico o ad un collegio arbitrale che deciderà, a seconda della scelta, in via rituale o irrituale.

Tratto da Federnotizie, n° 4, luglio 2012, pag. 38 ss. Autori: Alessandra Mascellaro, Gian Franco Condò, Chiara Mariani, Maria Nives Iannaccone.